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FAME DI NORMALITA'. Dott.ssa Camilla Rivera, psicologa e Dott.ssa Jessica Cennamo, Dietista/Nutrizionista

FAME DI NORMALITA'. Dott.ssa Camilla Rivera, psicologa e Dott.ssa Jessica Cennamo, Dietista/Nutrizionista

La pandemia nella quale viviamo ormai da mesi ci ha costretto a confrontarci con notevoli cambiamenti in tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana: dalla libera uscita all’inesorabile modifica della pragmatica sociale, per non parlare dell’utilizzo di mascherine e dispositivi vari… Quello che emerge in maniera sempre più significativa, poi, è l’impatto che questa situazione straordinaria abbia avuto sulle nostre abitudini alimentari, segno di quanto il virus si sia insinuato inesorabilmente anche nelle nostre routine più sedimentate. Sicuramente un aspetto determinante di queste modifiche è rintracciabile nel fatto di essere passati da uno stile alimentare “dinamico”, spesso consumato fuori casa,  ad uno prettamente residenziale. La pandemia ci ha messo di fronte a un cambiamento di vita non facile da digerire: è aumentata la sedentarietà ed è aumentato il tempo che trascorriamo dentro casa.

Questi fattori sono aumentati per diverse ragioni a partire ovviamente dalla chiusura delle palestre, dei centri commerciali o dei parchi che dilettavano grandi e piccini nei fine settimana. Sono aumentati anche a causa del fatto che molti lavorano da casa.

Complice poi la tendenza a fare “scorta” di beni di prima necessità, si è visto come gli italiani si siano dedicati, specialmente nel periodo di Lockdown, alla cucina casareccia, riscoprendo il piacere di pasti spesso trascurati (come la colazione), senza rinunciare a vecchie piacevoli abitudini, tra cui spuntini ed aperitivi, come si evince dall’incremento di vendite di snack dolci e salati. Dal punto di vista alimentare in questo periodo si perde spesso quell’equilibrio che ci fa scandire il cibo nei 5 pasti giornalieri come si dovrebbe fare. Si saltano spesso la colazione o gli spuntini, si fanno pasti quali pranzo o cena eccessivamente abbondanti. Stando dentro casa molti (soprattutto donne), impiegano il proprio tempo libero nel cucinare cibi che nella maggior parte dei casi non sono salutari. Si consumano sempre più spesso cibi spazzatura e ipercalorici che creano dipendenza e portano inevitabilmente a un aumento di peso e a un peggioramento dell’umore.

La chiusura dei locali la sera inoltre ha avuto un impatto importante sulla vita sociale di ciascuno di noi. Questo è un fattore che non va sottovalutato, mangiare insieme alle persone che si amano infatti porta giovamenti essenziali a livello psicologico. Basti pensare alla sensazione che proviamo nell’uscire a cena di sabato sera dopo una settimana dedicata al lavoro o alle attività che spesso ci schiacciano nella quotidianità.

In uno studio portato avanti dalla Fondazione Veronesi, è emerso come il 48 per cento degli intervistati  cerchi di alleviare l’ansia consumando cibi ricchi di carboidrati. Nulla di nuovo, se si considera che, in qualche maniera, il consumo di alimenti ricchi di zuccheri è tipico nelle fasi acute di stress. Questo fenomeno è noto come “craving”, ed è un meccanismo tipico della tossicodipendenza: è caratterizzato dal desiderio impulsivo per una sostanza psicoattiva, un cibo (come nel nostro caso) o qualsiasi altro oggetto/comportamento gratificante. Un desiderio che, quando non soddisfatto, può provocare forti stati di ansia ed irritabilità.

Questo, ovviamente, non vuol dire che la pandemia in corso abbia creato schiere di tossicodipendenti, ma mette prepotentemente in luce un aspetto che forse tutti conoscevamo in maniera implicita: la funzione gratificante del cibo. Non c’è nulla di male nel concedersi, specie nei momenti che maggiormente ci mettono alla prova, una piccola coccola culinaria: c’è da chiedersi, però, cosa succede se il “momento difficile” si protrae per mesi e la persona non riesce ad attingere a delle risorse interne per placare la propria ansia.

Si sente spesso parlare del tempo della pandemia come di un “tempo sospeso”, in cui noi tutti, volenti e nolenti, siamo stati chiamati a fermarci, a mettere in stand-by i nostri progetti in attesa di giorni migliori. L’uomo moderno, però, non è un uomo che sappia tollerare l’incertezza: il nostro bisogno di essere proiettati in avanti, verso il futuro, verso i nostri obiettivi di produttività e sicurezza, ci rende impossibile vivere alla giornata. E’ l’intollerabilità del qui ed ora che ci spinge continuamente a volgere lo sguardo verso il domani: ma se il domani si mostra lontano, incerto, o a volte addirittura minaccioso, siamo costretti a stare in quel “tempo sospeso” dell’oggi , che può non essere accogliente, anzi: è un adesso che per alcuni è fatto di attesa, di  paura, di noia o di vuoto. 

In situazioni del genere l’individuo può trovarsi a sperimentare quella che in Psicologia Dinamica prende il nome di “angoscia di frammentazione”, in cui viene messo a repentaglio il senso d’integrità del proprio Io. In situazioni di normalità, questa angoscia può essere gestita: ma in una situazione di cronicità come quella di pandemia, si corre il rischio di non riuscire a farvi fronte. Il cibo diventa quindi la risposta individualistica e anestetizzante adottata dai singoli contro gli aspetti più insopportabili della vita. Non si dispone, infatti, di uno spazio interiore che possa contenere l’ansia e garantire all’Io un senso di integrità: da qui la necessità di cercare il “contenitore” fuori, nel cibo.

Superfluo specificare la pericolosità di un meccanismo del genere, che sebbene normale e fisiologico (conosciamo e apprezziamo tutti i piaceri della buona tavola!) sul breve termine, rischia, quando cronicizzato, di minare l’integrità strutturale del nostro benessere psicologico e fisico. E’ l’ European Journal of Clinical Nutrition che sottolinea come, tra aumento del consumo di cibi calorici e la diminuzione di attività fisica, rischia di essere la cura dell’obesità l’emergenza del post – Covid.

Lungi dall’essere una condanna, la soluzione esiste, ed è davvero alla portata di tutti: il consiglio è quello di concentrarvi su voi stessi, pensare a cosa vi facesse sentire bene con voi e con gli altri prima di tutto questo caos. Iniziare dai piccoli passi, partire dal riorganizzare la vostra alimentazione nei 5 pasti. Anche se siete a casa senza lavorare non svegliatevi tardi, preparatevi pasti che vi piacciano senza pensare solo ed esclusivamente alla salubrità di quello che mangiate. Non comprate patatine o snack che sapete vi potrebbero far cadere in tentazione. Fate attenzione a bere a sufficienza, se non vi attira l’acqua utilizzare tisane, tè o camomilla. Provate a fare un po’ di attività fisica, partendo da esercizi non troppo impegnativi se siete sedentari da tempo (basterebbe una camminata di una mezz’oretta). Se eravate abituati a mangiare una pizza nel fine settimana non perdete questa abitudine, fatela da voi o ordinatela in modo tale da non dover cucinare. Per ultima cosa se riconoscete di avere un problema con l’alimentazione parlatene con chi sapete possa capirvi, che sia in famiglia o fuori, non affrontate la situazione completamente soli, se pensate che nessuno tra i vostri familiari e conoscenti possa aiutarvi affidatevi a un professionista prima di peggiorare la condizione.

E guardate a questo virus come a qualcosa che è venuto ad evidenziare, e non a creare, quello che non va nella nostra modalità di espressione, fornendoci forse l’occasione di trovare una nuova possibilità di confrontarci con le nostre emozioni, imparando ad accoglierle come le parti più autentiche di noi stessi, e lasciando che una pizza… sia soltanto una pizza!

zafferano

zafferano

In passato veniva usato come potente colorante per stoffe e tessuti di vario tipo, oggi viene impiegato, soprattutto in cucina, per aromatizzare le pietanze ed esaltare i sapori delle materie prime: parliamo dello Zafferano!

Annoverato tra le spezie più costose del mondo, è originario della Grecia o dell'Asia Minore e fu coltivato per la prima volta in Grecia. Circa il 90 per cento della produzione mondiale di zafferano arriva dall'Iran. In Italia lo zafferano viene prodotto in diverse regioni, con il riconoscimento di denominazione di origine protetta per lo zafferano aquilano, per quello di Sardegna e per lo zafferano toscano (di San Gimignano).


100g di Zafferano contengono 310kcal, 11,43g di Proteine, 65,36g di Carboidrati e 5,85g di Grassi.

Inoltre è uno degli alimenti più ricchi di carotenoidi che conferiscono il tipico colore giallo-oro alle pietanze, e vitamine A, B1 (tiamina) e B2 (riboflavina).

Questa spezia favorisce le funzioni digestive, stimola l’apparato digerente, aumentando la secrezione di bile e di succhi gastrici. Per questo è molto usato anche nella preparazione di liquori digestivi.

In cucina l’uso dello Zafferano spazia dall’antipasto al dolce, ma le combinazioni migliori si hanno con il riso, i crostacei, i frutti di mare, le carni in umido e le salse delicate. In questi casi il gusto dello zafferano arricchisce, colora ed esalta i sapori. Bisogna prestare particolare attenzione anche al dosaggio: per tre/quattro persone è sufficiente una bustina da 0,15 grammi.